Piumino
Cosa contenga questo involto ingombrante ma sorprendentemente leggero ritrovato in solaio, P lo intuisce, prima ancora di aprirlo, dal minimo peso. Ma sì, è il suo caro, vecchio piumino, steso per tanti inverni sul suo letto così grande di bambino, e poi d’adolescente e, per un tratto, anche di giovanotto.
P apre il pacco e il piumino esce fuori quasi da solo, come volesse riacquistare al più presto lo spazio impeditogli per decenni. Ma com’è mal conciato. P ricorda uno dei motivi per cui quel morbido oggetto era stato mandato lassù: la rivestitura in seta quasi scomparsa. Se ne vedono solo brandelli stinti trattenuti dalle trapunture della fodera. Fodera che un tempo doveva essere d’un bel bianco-crema (in percalle pelle d’uovo, la più sottile e compatta mussola di cotone che ci sia, resistentissima, con dentro la miglior piuma d’oca dell’Alto Adige, gli aveva detto la mamma quando il piumino era arrivato sul suo letto, e P ricordando prova una stretta).
La fodera, ora in vista e oramai grigiastra, séguita a trattenere con tenacia ammirevole il più del suo contenuto, ma parecchie piumette s’affacciano qua e là nella trama del tessuto, denunciandone il cedimento.
P ricorda, dai pochi residui della seta rimasti, il colore rosa-choc della rivestitura, adatto al letto gentile d’una fanciulla più che a quello di P ragazzino, che teneva sotto il guanciale una pistola finta ma quasi vera, come quelle dei cattivi ma anche dei buoni al cinema e nei fumetti.
Povera mamma, forse al posto di P avrebbe voluto una femmina. E aveva aggiunto il roseo segno del suo desiderio segreto a quelli amorosi per il figlio, alla preoccupazione di assicurargli un sonno caldo di piume. Ma sì, P si chiede perché non ci avesse mai pensato prima. Ecco, dunque, anche il perché di quel largo e basso letto a una piazza e mezza. Nel quale peraltro ci si poteva rigirare comodamente nel sonno senza pericolo di farsi male cadendo sul pavimento (protetto da uno spesso tappeto).
Anche la grande zanzariera, che d’estate pendeva dal soffitto e avvolgeva con le sue curve sinuose il lettone facendone un baldacchino per i sogni dorati d’un aiglon, anzi, d’una principessa tra ‘austriache piume’ed era un altro segno eloquente… Ma sì.
P fa il confronto col ricordo che ha della camera da letto dei genitori. Spartana, senza piumini o trapunte, che lui rammenti, né zanzariere. Come si riparavano d’inverno dal freddo i suoi, nella stanza gelida? Con semplici coperte di lana? (di cui egli però non ha memoria). E d’estate dalle zanzare? Qui il ricordo c’è: la puzza irritante del flit, l’insetticida sparso ogni sera con l’apposita macchinetta a pompa.
Puzza risparmiata alle delicate nari di P e al suo sonno di bambino/bambina, ben protetto nella buona stagione da una gran campana di garza e d’inverno dall’immenso piumino rosa, da calze-pantofola in tinta e da soffici pigiami felpati. D’altro colore però, questi. Per fortuna.
Tutte le preoccupazioni e cure erano solo per lui, figlio unico viziato.
Quando e in che misura era riuscito a liberarsi di quel comodo mondo di coccole? P si rende conto di non saperlo, di non ricordare di averne mai sentito il disagio né il desiderio di svincolarsene. Era poi in qualche modo accaduto, un po’ alla volta e senza storie e traumi apparenti, almeno per lui. Inconsapevolmente, gli pare, come di tante cose della vita. Vita che P (quante volte occorrerà ripeterlo?) ha solo sfiorato.
Tranne le morti. Quelle sì, le ha sofferte acerbamente. E forse certe sensazioni di rimorso che prova nei confronti di chi se n’è andato, e che crescono man mano che P invecchia, sono segni che varrebbe la pena di esaminare meglio, ora che c’è più tempo a disposizione per farlo. Ma P trova sempre il modo di distrarsi, dedicando ad altri nuovi impegni i giorni che gli rimangono. E così le cose vanno avanti operosamente da sole, settimana dopo settimana.
È successo anche col piumino. Il giorno stesso che P l’ha ritrovato in solaio, ha subito pensato di farlo al più presto restaurare e di rimetterlo in funzione, in vista della prossima stagione fredda. Non adatto di misura al letto matrimoniale, per il quale la cara povera L, la moglie perduta, aveva a suo tempo provveduto altrimenti. Ma ora che P è vedovo, ed è tornato alla piazza e mezza, il buon piumino ha le dimensioni giuste per essere riabilitato. Sarà possibile? P fa i conti sulle dita: accidenti, sono passati decenni, chissà se si potrà. Lui rivorrebbe che tutto tornasse come una volta, dentro una nuova pelle d’uovo, però senza rivestiture colorate.
Chiedendo in giro, cercando sulle pagine gialle (internet è ancora di là da venire), P riesce a trovare un artigiano brianzolo garantito serio, specialista nel rifacimento di piumini e trapunte. Il quale gli spiega che è un lavoro lungo: occorre prima vedere se è ancora il caso dopo tanto tempo e se si deve aggiungere eventualmente nuovo fiocco. E poi depolverare, pulire in una speciale lavatrice a 50 gradi e sterilizzare a pressione per almeno un’ora.
Dopo una settimana arriva il responso: si può fare, il vecchio contenuto del piumino doveva essere veramente di prima qualità, di quella che ora non è facile trovare. Si è conservato tutto molto bene, si complimenta l’artigiano, evidentemente della vecchia scuola. Costerà parecchio, ma ne vale la pena.
Okei, dice P, riandando col cuore alla cara e saggia mamma. Si raccomanda per una nuova, buona fodera a pelle d’uovo non sintetica, se questo tessuto esiste ancora.
Altroché, dice il piuminaio, mussola costosa, ma c’è sempre. E poi torna a parlare con ammirazione delle piume. Ma sa che raramente ho visto un piumino così pieno solo di fiocco? Quasi il cento per cento di quel che resta!
P, compiaciuto e incuriosito, ricorda le parole della mamma di tanti anni fa, ma non sa bene cosa sia questo fiocco, e l’artigiano glielo spiega.
Il fiocco è la piumina più delicata che le oche (ma anche certe anatre) hanno sotto il collo e sotto le ali. Barbigli morbidissimi senza stelo centrale che pesano al massimo due milligrammi ciascuno e ce ne voglio cinquecento per fare un grammo. Le mamme-uccello selvatiche se li tolgono col becco per foderare il nido in attesa che gli anatroccoli escano dal guscio. Si figuri che lavoro.
Quindi, dice P, è dal collo e da sotto le ali che si strappa il fiocco, negli allevamenti.
Certo, nel periodo della muta. Poi ricresce ogni anno. Non è una crudeltà, almeno se gli allevatori sono seri. Non solo in Alto Adige, ma anche in Polonia, Ungheria e (per i fortunati che abbiano abbastanza soldi) nella fredda Islanda, che vanta un pregiatissimo fiocco. Al mondo, però, c’è di tutto, ci sono gli animalisti ma anche chi per far soldi ammazza la gente, si figuri con gli animali. Ma adesso, a premere sulle coscienze con descrizioni d’inaudite atrocità, sono soprattutto i produttori di piumini sintetici, anche loro per via dei soldi…
Poi l’artigiano torna a parlare del lavoro da fare: lo rifacciamo, come prima, a cassettone?
P non capisce.
Sì, tutto trapuntato a riquadri, un classico italiano, in modo che la piuma resti ben distribuita in ogni punto.
Ma sì, certamente, come prima, a riquadri. E a P viene in mente quel lontanissimo viaggio in Germania con i genitori negli anni Trenta, quando erano andati a Monaco, in Baviera, in un albergo dove sui letti c’erano dei piumini gonfissimi in candidi sacchi non trapuntati. Di notte, P si rivoltava nel sonno e tutte le piume finivano in un solo punto del sacco e lui si ritrovava praticamente coperto solo da un doppio lenzuolo (ma per fortuna la camera era caldissima). Anche nei cuscini le piume si spartivano e dopo un po’ si finiva con la testa direttamente appoggiata al materasso. Tanto che il papà, abituato spartanamente a dormire a casa su duri guanciali riempiti di crine, a Monaco si metteva sotto il cuscino il cassetto rovesciato del comodino.
Un altro bel po’ d’anni è scivolato via. Ora P è davvero un vegliardo. Ai primi freddi di novembre, è tempo di riporre la leggera imbottita sintetica dell’Ikea e di sostituirla con la cara copertura invernale, rimasta nei mesi caldi fedelmente ben pigiata nella sua custodia. P la distende sul letto e il piumino si gonfia, perde pian piano ogni piega e stropicciatura della lunga costrizione stagionale. Come nuovo, ma solo bianco-crema, niente frivolezze rosa e nemmeno azzurre. Pronto a conservare con cura amorevole, come voleva la mamma, quel che resta di tepore nel vecchio corpo di P.