Frammenti autobiografici

Lo stemma della Regione Liguria

P ricorda che, quando stata a Lavagna, ogni volta che vedeva su un autobus, su un manifesto, su un pezzo di carta lo stemma (non sa come meglio chiamarlo) della Regione Liguria, si sentiva orgoglioso di aver collaborato alla sua “invenzione”.

Lo stemma della Liguria nacque nei primi anni ’70 del secolo andato, quando gli Amministratori sentirono la necessità di avere un simbolo visivo da affiancare a quello delle altre regioni. Avevano pertanto indetto un concorso tra i designers e grafici italiani più qualificati. Fu invitato tra questi anche Eugenio Carmi, pittore genovese trasferitosi da poco a Milano, che si era affermato anche nel campo grafico, soprattutto come art director dell’Italsider, una delle maggiori industrie siderurgiche europee.

P collaborò con Eugenio per molti anni.  Prima a Genova, dove ero capo ufficio stampa dell’Itasider, direttore della rivista aziendale e delle attività editoriali, e poi a Milano dove anche P già da qualche tempo era andato ad abitare e lavorava come free lance nel campo delle relazioni pubbliche.

Eugenio mostrò a P il bando del concorso, che richiedeva tra l’altro qualcosa che lo lasciava perplesso: il simbolo della Liguria doveva contenere anche l’allusione ad una nave. Pittore astrattista prima informale e poi geometrico, che soleva trasferire anche nelle sue invenzioni grafiche quelle sue propensioni non figurative, la richiesta lo disorientava, bloccava la sua creatività.

A P, libero da qualsiasi impiglio rappresentativo, venne lì per lì in mente una possibile soluzione. Prese un pezzo di carta e una matita e riflettendo a voce alta gli disse: la forma press’a poco a scudo che si dà di solito a uno stemma può nel suo intero identificarsi direttamente nell’immagine schematica di una nave a vela. La pare superiore dello stemma è appunto la vela, e in basso si può chiudere con il profilo della classica caravella colombiana. Poi sulla vela ci metti una bella croce come nella bandiera di Genova, e sei a posto. P scarabocchiò su quel foglio la sua idea e la lasciò all’amico perché ci lavorasse su.

Dopo qualche giorno Eugenio gli mostrò il risultato: aveva come sempre svolto un ottimo lavoro di sintesi, l’idea s’era tradotta in un’eccellente simbolo grafico. A P pareva però che i quattro spazi banchi formati dalla croce sulla vela fossero troppo vuoti. Si ricordò di una vecchia “Lira” cinquecentesca che avevo visto in un suo libro sulle monete genovesi. La ripescò e vide che poteva funzionare: ai quattro lati della croce c’era una stella.  Qualcosa di perfettamente adatto a riempire gli angoli vuoti (e forse anche ad aggiungere qualche altro contenuto simbolico all’immagine, come per esempio le quattro province liguri: Genova, Imperia, Savona e La Spezia).

I disegnatori dell’antica Zecca genovese avevano sostituito con quattro stelle i quattro gigli di Francia di una precedente moneta stampata in uno dei periodi in cui Genova era stata sotto dominio francese. P non ricorda bene le date ma gli pare che la Lira con le stelle coincidesse con il nuovo corso dato alla Repubblica da Andrea Doria dal 1528, bloccando per un po’ la litigiosità suicida delle grandi Famiglie locali.

Il simbolo quindi poteva funzionare bene, e così fu anche con lo stemma della Regione, per il quale Eugenio vinse il premio di ben 25 milioni di lire. Disse a P che era pieno di debiti che lo avrebbe compensato della collaborazione con un suo arazzo al quale era attribuito il valore commerciale di 5 milioni. Gli chiese anche di andare a Genova con lui alla presentazione pubblica dello stemma, del quale dovevamo essere considerati entrambi gli ideatori.

Ma P in quel suo primo periodo milanese si sentiva lontano da Genova e dai genovesi e disse a Eugenio che non gliene importava niente, andasse lui a prendersi gli applausi (e i soldi, dei quali anche lui, peraltro, aveva in quel momento un disperato bisogno). Errori del suo orgoglio scemo.

Quasi cinquant’anni dopo, P torna su quel ricordo, certamente sospinto (crede) da impulsi narcisistico-egocentrici, da smania di apparire al mondo, insomma dalla voglia di dimostrare che “esiste”, o meglio, che “è esistito”. P (crede anche) però di farlo solo a beneficio dell’ambito famigliare, al quale ritiene siano riservati questi bio-frammenti, affinché i suoi cari anche a venire sappiano che forse non era un vero e proprio coglione.

Eugenio regalò a P l’arazzo, bellissimo nei suoi sgargianti colori, e P a sua volta lo regalò all’Alessandra come copri-letto. Ma il prezzo del suo contributo allo stemma ligure fu di lì a poco, per la sbadatezza di una domestica, lavato male e uscì dalla lavatrice completamente rovinato, da buttare. Amen.