Frammenti autobiografici

Camminare

P (secondo i racconti della mamma), impara a camminare durante una vacanza estiva della famiglia sul Lago di Garda. C’è una piccola foto che eterna i primi passi incerti del bimbo sorridente in pagliaccetto, su un prato chiuso da un rustico muretto, tra qualche ulivo.

Non certo in uno dei giardini con piscina dei numerosi hotel d’oggi, mèta d’orde di turisti internazionali, specie teutonici, a Castelletto di Brenzone. Questo è il nome del luogo testimone del felice evento deambulatorio. Allora modestissimo borgo lacustre per vacanze a poco prezzo, prossimo al vecchio confine dell’ancora incompleto Regno d’Italia con l’Austria, fino al 1918. Ne resta un cippo a ricordo (non dei primi passi di P, ma del confine).

Località low-cost scelta dai genitori forse ed anche per le sue origini: è la maggiore delle sedici frazioni sparse lungo la riva veronese del lago attorno ad uno scomparso castello abitato un tempo ‒ si narra ‒, dai nobili Brenzoni. Gli stessi della cappella-sepolcro affrescata dal Pisanello con la meravigliosa Annunciazione, nella basilica di S. Fermo, a Verona.

Da quei Brenzoni discendeva anche un ramo di certi amici di famiglia, piuttosto spiantati. P ricorda la vecchissima signora col bastone dal pomo d’argento, piccola, un po’ tremolante, vestita di nero e dall’aria di gran classe, che tiene lui piccolo sulle ginocchia e lo coccola. E meglio ricorda il figlio della dama, diciamo storico d’arte, autore d’un cospicuo volume sul pittore pisano, che ama i disegni buffi di P da grande, e li usa a illustrazione di qualche suo scritto estemporaneo.

A Castelletto, mentre si vanno attivando nella corteccia cervicale dell’apprendista camminatore le cellule a griglia atte a fornirgli le coordinate dello spazio circostante, ed egli impara a bilanciarsi sul suo incerto baricentro, P balbetta qualcosa come ‘bgbgbgbg’. Il nonno Marco Tullio, spettatore entusiasta delle prime gesta del nipotino e buon conoscitore del francese, non esita a riconoscere in quel farfuglio la radice del verbo bouger. Questo bambino sa già cosa significa muoversi, e per di più lo sa in francese!, esclama, pronosticando per lui futuri straordinari. Non immagina che la lingua franca dell’avvenire sarà l’inglese, col quale P saprà appena zoppicare.