Storie

Storie Brevi – Speriamo che
Dal pagliaio

Stamattina ha la febbre forte, non ce la fa a lavorare, così gli hanno concesso di restare in quella che chiamano camerata, che è poi un pagliaio sopra la stalla, requisito per scopi di guerra in una casa contadina.

Dovrà, in compenso, fare da ramazza. Funzione che, nel caso presente, consiste nel rimuovere a colpi di scopa la paglia scappata fuori dal telone che la copre come un unico grande giaciglio, su cui si buttano a dormire ogni notte lui e i compagni della scalcinata squadra di “lavoratori”, per poche ore di sonno sfinito.

Gli altri sono partiti all’alba per scavare trincee nei mammelloni delle colline. Vedranno il sole salire nel cielo terso dell’estate, lo sentiranno scagliare d’ora in ora frecce sempre più infuocate contro le loro schiene lucide di sudore, picconeranno e rimuoveranno la terra argillosa, trascineranno i tronchi di sostegno, stenderanno sui prati brulli i reticolati irti di punte. Qualcuno troverà modo di guardare di tanto in tanto le colline perdersi all’orizzonte in sfumature grigiazzurre. Torneranno prostrati dopo il tramonto.

Il malato nel pagliaio ha tutto il tempo per prendersela comoda a spazzare, concedendosi intanto il magro piacere di starsene stravaccato, sudato, intontito, con i brividi della febbre e le fitte nelle ossa. Ascoltando muggire l’unica vacca che rumina sotto, scalpitare il mulo e chiocciare le quattro galline.

Il sole è già alto quando gli attraversa il dormiveglia una voce rabbiosa che viene su dalla stalla. La riconosce, è del maresciallo che comanda la squadra. Sta sbraitando improperi contro il contadino, uno simpatico e allegro, che un po’ vende e un po’ regala ai ragazzi qualche uovo e una gavetta di latte. E che non si fa troppe illusioni sulle carte che gli hanno firmato e timbrato per un futuro rimborso delle requisizioni.

Dalla botola di scarico della paglia il malato può vedere e sentire benissimo i due.

Il maresciallo redarguisce il contadino per non aver portato quella mattina il mulo col carro su agli scavi delle trincee.

Si è rotta una ruota, si giustifica il contadino.

Dovevi dirmelo ieri sera, stronzo, ringhia il maresciallo.

Me ne sono accorto solo stamattina.

Male, malissimo! Dovevi controllare ieri sera e farmi rapporto. Non hai ancora capito che tutto qui è militarizzato, tu sei militarizzato, il tuo mulo e il tuo carro sono militarizzati, siamo in zona di guerra, questo è sabotaggio, io ti faccio fucilare!

Mi scusi, non m’è venuto proprio in mente.

Io te la spacco la tua mente se non mi obbedisci, esplode il maresciallo picchiando con un dito sulla fronte del contadino. Provvedi immediatamente ad aggiustare questa maledetta ruota o vedrai cosa ti càpita! A te, e anche ai tuoi!, aggiunge andandosene, dopo aver dato un calcio al carro.

Il contadino resta un momento fermo in silenzio sotto la botola. Scuote sconsolato la testa e solleva le braccia verso il vuoto pieno di rabbia lasciato dal maresciallo. Poi si muove, e dalla botola non si vede più.

Ma è ora di far pulizia nel pagliaio, prima che il maresciallo venga su a controllare. Mentre spazza, guarda fuori dalla finestra che dà sull’aia. Vede il contadino che si appoggia con una mano alla porta della casa e con l’altra si copre gli occhi. Sta piangendo.