Storie

Storie Brevi – Dopo tanto tempo
Delicatezza

Manca poco alle otto di sera quando Emilio rincasa con i bambini. Li ha portati a fare una passeggiata, dopo aver provato la lezione al più grande e controllato i compiti per domani, e loro si sono stupiti della novità.

Non era mai successo che il papà tornasse dal lavoro così presto e dicesse alla Maria, altrettanto stupita: oggi stanno con me, la signora torna tardi, quando ha finito di preparare la cena vada pure, penso io a tutto.

La tavola è già apparecchiata, non c’è altro da fare che sedersi sul divano in salotto a chiacchierare, con i piccoli appoggiati alle ginocchia. Emilio li sente inquieti, un po’ allarmati per non aver trovato al ritorno dalla passeggiata la mamma ad accoglierli e a togliergli i paltoncini e i berrettini.

E’ stato facile distrarli con una favola inventata lì per lì. Di un papà che torna presto dal lavoro e trova la tavola apparecchiata ma la casa deserta. Dove sono finiti la mamma e i bambini? Sono stati rapiti da un mago cattivo che…

Si sente girare la chiave della porta e i bambini si precipitano all’ingresso gridando mamma mamma. Linda li raccoglie in un abbraccio e viene con loro in salotto.

Io non ceno, vado a letto, dice guardando solo i bambini. E voi mangiate senza litigare, fate i buoni col papà che vi racconterà una storia e poi andate subito a dormire.

Mentre sono a tavola il più piccolo chiede il seguito della favola e Emilio racconta – ma non state col cucchiaio in aria, mangiate o smetto–, che il papà sente delle vocine fioche che gridano “aiuto!”. Cerca di qua, cerca di là, finalmente scopre che le invocazioni vengono dal bagno. E lì trova il mago cattivo che ha infilato la mamma e i bambini nella lavatrice e sta premendo il bottone per farli rotolare nel cestello. Il papà fa appena in tempo a fermarlo. Poi lo prende per il naso e lo butta dalla finestra. La famiglia è salva! E vivono cent’anni felici e contenti.

Ma ora è tempo di andare a dormire. Lavarsi i denti, mettersi il pigiamino e a letto, con la luce del comodino accesa.

Però, papà, chiede il più grande al momento del bacio, come ha fatto il mago cattivo a mettere nella lavatrice la mamma e i bambini?

Li ha fatti diventare piccoli piccoli con un incantesimo. Ma appena il mago è morto, ecco che sono tornati grandi!

Ma erano già usciti dalla lavatrice?

Certo. Il papà ha fatto appena in tempo ad aprire lo sportello e sono sgusciati fuori e subito, zac! eccoli grandi come prima. Ma adesso dormite.

La logica, la logica, anche l’assurdo deve avere la sua logica, sente di pensare Emilio mentre bussa piano alla porta della camera da letto.

Dormi? Posso entrare?

E’ anche camera sua, ma stasera le logiche vanno a rotoli. Linda non dorme. Dalle coperte spuntano solo gli occhi che lo fissano. Pena. Gli occhi dicono pena. Pena per lui? O perché hanno scoperto un mondo nuovo, diverso, migliore, nel quale non c’è posto per lui? Emilio non chiede niente. Non parla, guarda solo gli occhi che lo seguono con pena mentre si muove incerto nella stanza.

Dormo sul divano?

Gli occhi e un accenno della testa dicono, piano, no. Ma sarà solo perché i bambini domattina non si chiedano come mai.

Tutto sarà come prima ma diverso.

Si dovranno studiare nuove regole. Adatte a nuove logiche.

Ora Emilio sa che non toccherà, non sfiorerà più Linda nemmeno con un dito.

Sere dopo, mentre aspetta che Linda torni a casa e i bambini già dormono, Emilio apre il primo cassetto del comò, il cassetto di lei, e un po’ vergognandosene cerca qualcosa, non sa cosa.

Nulla sembra cambiato. Non sa perché lo fa, ma gli viene di scorrere con i polpastrelli anche il rivestimento di carta a fiori, fermato da puntine colorate. Sente un piccolo rigonfio. Infila attento due dita tra carta e legno, tira fuori un cartoncino. E una fitta lo attraversa.

E’ un biglietto ferroviario per L*. Andata e ritorno. Lo rimette a posto, chiude il cassetto.

Non fare niente. Semplicemente aspettare. Sfruttare la forza dell’avversario per farlo cadere. Come nella lotta giapponese.

Però d’istinto – rifletterà Emilio tra qualche anno –, senza aver pensato, programmato niente.

Non è Linda, del resto, l’avversario. È solo il punto più fragile, consapevole della propria fragilità.

Ma Linda – tra qualche anno –, gli ricorderà anche quei versi di quel poeta:

par délicatesse
j’ai perdu ma vie.