Storie

Storie Brevi – Sono le contraddizioni
Il Bric

Eccolo lì, il Bric, fermo sul lucido parquet dell’ingresso, grandi occhi spaventati ma non troppo, come di chi si è presto abituato agli spaventi, mentre quegli estranei allegri e chiassosi entrano e, superato un attimo di imbarazzo, si chinano tutti assieme a complimentarlo e coccolarlo con le parole e i toni di vezzeggio riservati a cani e bambini.

Il Bric è il pretesto per l’invito di stasera a casa dell’Adriana: il nuovo cane da presentare agli amici. Il loro momento d’imbarazzo entrando è dovuto al fatto che l’Adriana, convocandoli al telefono, s’era persa a parlare dei due grandi teneri bellissimi occhi del Bric, piccolo adorabile bastardino, ma non aveva detto a nessuno che il cagnolino aveva solo tre gambe, due dietro e una davanti.

E ora sono lì, gli amici, pronti a festeggiare il bastardino giallastro. E zoppo. Che deve essere nato così, per malformazione naturale, non per incidenti o malattie. Per capirlo basta sfiorargli con la mano il pelo (come fanno tutti, senza parere, accarezzandolo), nel punto in cui dovrebbe esserci la quarta gamba, la sinistra anteriore. Il pelo è dappertutto liscio e compatto, non c’è traccia di ferita o altro.

Il cane accoglie i complimenti stando fermo a riceverli, come facesse fatica a muoversi sulle sue tre gambette. Si limita a girare di scatto la testa verso l’uno o l’altro degli sconosciuti chini su di lui a palparlo, dedicando a ciascuno un breve sguardo intenso e agitando appena la coda.

A questo punto gli ospiti si risollevano e, senza commenti – sono persone educate–, abbracciano e baciano la padrona della casa e del cane. Si liberano di sciarpe e soprabiti e si avviano con facce liete al salotto, dove li attendono aperitivi e stuzzichini.

Il Bric li segue zoppicando ma con insospettata agilità, e va a sedersi sicuro su un cuscino apprestato per lui accanto al caminetto.

Guarda come s’è ambientato, è già perfettamente a casa sua, dice il Mario.

Certo che è a casa sua, non è un tesoro?, dice protettiva l’Adriana.

E l’altro, dov’è finito?, chiede la Gabriella, amica parzialmente informata.

Ah, ce n’era un altro, dice il Guido.

Sì, ma l’ho riportato a chi me l’aveva venduto.

Come come?, si stupiscono tutti.

Mentre versa l’aperitivo nei bicchieri, l’Adriana racconta che, a due anni da quando le era mancata la vecchia Billa, s’era sentita alfine pronta a prendersi un altro cane, ma più piccolo. Aveva visto uno stupendo chevalier inglese in braccio a una signora. S’era messa a cercarne uno uguale e l’aveva finalmente trovato in un allevamento, subito innamorandosene. Bianco e nocciola, col suo adorabile musetto schiacciato e con tanto di pedigree. Aveva un occhio molto arrossato, una semplice congiuntivite secondo l’allevatore: poche gocce e sarebbe passata. Il giorno stesso dell’acquisto l’aveva portato dal veterinario. E qui, tragedia. La voce dell’Adriana s’incrina, ora sta per piangere: altro che congiuntivite, il cagnolino era cieco da quell’occhio e presto avrebbe perso anche l’altro.

Santo cielo, esclamano gli amici abbassando i bicchieri.

Immaginate come sono rimasta. Dire sconvolta è poco. Il primo impulso è stato di tenermelo ugualmente, come si fa a abbandonare una creatura, dice l’Adriana e le spuntano le lacrime. Anche la Gabriella tira fuori il fazzoletto e scuote la testa.

Poi, dopo una settimana di patemi, sua figlia, la Giorgina, l’aveva convinta a riportare il cane all’allevatore e a chiedere indietro i soldi, più di mille euro.

Voi, cos’avreste fatto?, chiede cominciando a piangere.

Tutti restano in silenzio, non sanno cosa avrebbero fatto.

Vizio reprobatorio, si decide a proporre il Mario, che è avvocato. Non dichiarato al momento della vendita, rende nullo il contratto. Ma parla come se si chiedesse se fosse la cosa giusta da fare.

Ma io non pensavo al contratto, singhiozza l’Adriana.

Certo che è un contratto, tu volevi comperare un cane sano, e lui te l’ha dato malato.

Non era così…, si dispera l’Adriana, io me lo volevo tenere, non ho dormito per una settimana. Poi la Giorgina mi ha fatto ragionare. Ma sapete cosa mi ha detto quel…quando gli ho riportato il cane? Mi è venuto veramente da insultarlo. Mi ha detto: un cane è come un figlio, si accetta come viene.

Figlio di buona donna, esclama il Mario subito scusandosi – ma ci voleva –, dopo averti imbrogliato pretendeva di farti la morale. E tu, cos’hai risposto?

Mi sono arrabbiata come un…– sta per dire cane ma si ferma –, e ho trovato la forza di gridargli: i figli vengono dalla Provvidenza, lei non è Dio, si vergogni! E sono scoppiata a piangere. Alla fine si è tenuto il cane e mi ha restituito i soldi. Però vi dico che per tutta la settimana dopo, un giorno sì e uno no, mi veniva la tentazione di andarmelo a riprendere Non fosse stato per la Giorgina.

Certo, la Giorgia è avvocato, sa quel che si fa, dice il Mario.

Ma che storia sconvolgente. Anch’io non avrei saputo…, confessa la Gabriella.

Eh, il problema, dice il Guido schiarendosi la voce, il problema sta all’origine: se comperi una creatura, ne fai una merce. Che sia un cane, o uno schiavo, diventa sempre una cosa.

Questo è vero, approva l’Adriana, e si soffia il naso, difatti la Giorgina mi ha detto: lascia stare i pedigree, vai al canile municipale e scegliti un cane che ti piace, ce ne sono sempre di carini. E io dopo un altro mese di dubbi mi sono decisa. Ce n’erano tanti e mi sono sentita stringere il cuore. Riprende a piangere. Mi guardavano da dietro le reti delle gabbie come se mi dicessero: scegli me, ti prego. Poi mi sono fermata davanti alla gabbia di lui. Stava accucciato in fondo con il muso triste. Scelgo questo, ho detto. Quando hanno aperto lo sportello si è alzato e mi è venuto incontro e solo allora mi sono accorta che gli mancava una zampa. Ma oramai era fatta.

Come storia è sconvolgente, come realtà è commovente, dice il Guido, sciogliendo il silenzio caduto nel salotto. E con un finale a riscatto. Brava Adriana. Stasera sento che vorrei essere anch’io più buono.

Sì, brava Adriana, approvano gli altri.

Un po’ sorridono riconsolati e un po’ guardano il Bric steso sul suo cuscino, mentre si avviano alla tavola imbandita.