Storie

Storie Brevi – Chissà
Da dove?

Semplicissimo arrivare a Dio: suono e mi aprono.

Anzi, la porta d’ingresso, una comune porta, si apre da sola, senza scatti di serrature o cigolii. E non ho sentito né suoni di campanelli né ronzii di cicalini né organi di Bach, quando ho premuto il pulsante con sopra scritto dio.

Dentro, non trovo a ricevermi quei capelloni biondi o neri o gialli in camicione lunghe fino a terra, o i funzionari col doppiopetto bianco dei film. E niente scale d’oro, cori angelici, gorghi mirabili dei poemi e delle illustrazioni di Gustave Dorè.

È come andare da un dentista povero (è il primo ossimoro che noto). Un vestibolo qualunque, una sala d’attesa spoglia, senza riviste, senza stampe alle pareti, senza armonie delle sfere o messe in si minore discretamente diffuse. Tutto molto pulito e molto bianco.

Ma non c’è attesa, anche perché ad aspettare ci sono solo io. Nessuna voce mi dice “tocca a lei”, la porta dello studio è aperta e io entro.

E una volta dentro, altra delusione. Niente fughe di prospettive, visioni grandiose, attimi d’eternità, effetti speciali. Un normale studio, pulitissimo e bianchissimo, con la solita scrivania e, sopra, i soliti articoli di cancelleria tutti bianchi, la penna (probabilmente a sfera) nel portapenne, l’orologio, la lampada (accesa).

E la poltrona vuota.

E questo mi stupisce un po’. Penso scioccamente: sarà andato a lavarsi le mani. Ma, guardando in giro, non vedo nessun paravento e nessuna porticina di toilette. No, la stanza è proprio vuota. Bianca, vuota e silenziosa.

C’è una sedia, bianca, e mi siedo. E qui comincia la vera attesa. Ore e ore, altro che attimi d’eternità.

Per ingannare il tempo guardo i muri vuoti, senza finestre, senza nemmeno una vecchia oleografia devozionale, guardo la scrivania, l’orologio (che mi pare segni sempre la stessa ora), e penso: la lampada è accesa, prima o poi verrà, se non altro a spegnerla.

Ed è a questo punto che mi sorprendo a riflettere: come sarà questo Dio, l’autentica beatitudo?

Vista l’anonimità e modestia dello studio, non sarà certo un ultrapotente manager senz’anima, il manager dei manager, interessato solo alle sue aziende e al profitto. A meno che non si finga modesto, diciamo povero, per via delle tasse (dai potenti ci si può aspettare di tutto). O per non umiliare i poveri, suoi naturali fans. Non sarà nemmeno un pensionato, penso, simpatico ma imbranato, come quello che una volta mi ha molto divertito al cinema. I pensionati non hanno, che si sappia, studi o uffici.

Ma perché, mi chiedo poi, devo sempre pensare Dio come una persona? Quel nostro eterno vizio di antropomorfizzare tutto, come hanno fatto in tanti, da Michelangelo a Walt Disney.

D’altra parte, se non Lo fai uomo (o adesso, per qualcuno poco credibilmente, donna), come Lo rappresenti? Chi entrerà nella stanza? Chi siederà sulla poltrona? L’Essere degli Esseri al di là dell’essere? Il Conosciuto non conosciuto? Sarà magari fisicomorfizzato in un Fiume di luce? E poi, tra Beati e andirivieni di Angeli in circolo, con perfetta coreografia. si botanicomorfizzerà in un fiore, la Candida Rosa (anche se nella stanza non c’è un vaso per infilarceLa, e manca l’acqua)? E il Fiume di luce sarà ondulare o corpuscolare, o tutti e due assieme, e a turno un po’ per uno in braccio alla mamma, come nella favola dei Quanti? Oppure Dio non sarà che un groviglio di stringhe da disbrogliare, o una catena di anelli da ancorare a chissà che, un’Entità onnipotente nata non si sa come, quasi per caso?

Più bello e intrigante, allora, sarebbe che Egli si manifestasse come il ben noto Punto dello Spazio, che contiene, senza confonderli, tutti i punti (altro ossimoro). Ma pare vi siano testimonianze (non so se vere o taroccate), secondo le quali esisterebbero o sarebbero esistiti parecchi di questi punti nel mondo e nel tempo. Tutti interpretazioni dello stesso Punto, o punti diversi? Un Dio unico che si moltiplica a piacere diventando Tanti?

Nella nostra pochezza, non siamo mai riusciti ad attribuire a Dio, come prova della sua potenza infinita, una capacità più fantasiosa della “contrapposizione delle contrapposizioni”. Guarda quant’è bravo a convivere tranquillamente con i paradossi, come si diverte Lui stesso a spacciarsi per una contraddizione di Sé, dentro e fuori di qualsiasi sistema.

Nemmeno quel furbone di Gödel è riuscito a inventare qualcosa di meglio. Che spasso sarebbe, a proposito, un poema di un nuovo Milton tecno-eroicomico, che cantasse la titanica lotta tra Dio e il logico-matematico moravo, decisissimo nella sua indecidibilità, e gli stratagemmi e marchingegni escogitati da entrambi per mettere l’altro alle corde.

Però, anche avendo modo di osservarLo con comodo, non so se saprei – dopo ‒ dire come mi sarà apparso Dio. Che è notoriamente indicibile. Peccato che non mi sia portato la macchina fotografica, perché almeno mi restasse un’immagine-ricordo. E il mio cellulare, purtroppo, non fa ritratti (a proposito, sarà bene chiuderlo).

E se Egli fosse impossibilitato, oltre che ad essere detto, anche a dire? Considerato il gusto, Suo o attribuitoGli, per le contraddizioni, tutto è possibile. Potrebbe cercare di parlarmi, e non riuscirci. Una specie di afasico o dislessico. Balbettii, frasi senza senso, accavallate, palindromi involontari, marchiani errori di grammatica e di sintassi. E magari tentativi di giochi di parole, sempre un po’ patetici.

Non sono che ipotesi, ovviamente, le mie. È del resto nota la Sua laconicità. Anche nei momenti decisivi, Egli si sarebbe espresso, si assicura, in un fiat o poco più. Anzi, creando l’uomo, si sarebbe limitato semplicemente ad alitargli sulla faccia appena modellata nella terra (dopo essersi lavato i denti, suppongo, o messa in bocca una pastiglia alla menta). Lasciando ad Adamo la parola e il compito, impegnativo ma molto divertente, di provvedere alla nomina delle cose.

Ma poniamo che Egli possa parlare in modo a me comprensibile: cosa mi dirà? Spiegazioni esaurienti dell’esistenza, dei mille perché dell’Universo, dei tanti Universi multidimensionali, positivi e negativi? Rivelazioni sul mistero della Trinità? O su quello del numero 137 di non mi ricordo quale Costante invariabile, che turbò e ancora turba i grandi fisici, in bilico sul rischioso crinale del misticismo? Hai voglia, anche se ricorresse alla tecnica dell’infusione, ci vorrebbe sempre un’eternità, che ahimè io non ho, per completare l’opera, data la mia testa dura. O se la caverà con qualche battuta facile, come nelle interviste improvvisate, contravvenendo – Lui lo può, a quanto dicono – l’asserto agostiniano che la conoscenza non scherza mai? A meno che non scelga la via dell’haiku, o della sentenza, o dell’aforisma. Buttando là poche sillabe, distillati sapienziali, oracolari, interpretabili ad libitum, naturalmente. E siamo daccapo.

Quanto a me, riuscirò a dirGli qualcosa, a tirar fuori un discorso sensato? Sto qui a lambiccarmi su quello che mi potrebbe dire Lui e non penso invece a prepararmi una scaletta per qualche domanda da sottoporGli. Sto sprecando un’occasione unica.

Perso in queste sciocche fanfaluche, mi sto quasi addormentando, o mi sono addormentato veramente, quando mi accorgo, ed ho un sobbalzo, che Dio è lì, persona, flusso d’energia o cos’altro, seduto sulla Sua poltrona, un po’ distratto, mi pare, forse annoiato.

Farfuglio: scusi, non mi ero accorto che fosse tornato.

˂˂˂˂???TORNATO DA DOVE???˃˃˃˃

Ha parlato Dio, o sono io stesso che mi sto ponendo la domanda? La sento riecheggiare, vibrare, tuonare in me, debitamente distorta da potentissimi mixere amplificata da gigaltoparlanti hi-fi, come in una infinita caverna vuota, o in una megamegadiscoteca, o tra le volte di una straimmensa basilica

Un miliardesimo di secondo dopo, forse anche meno, sono sul marciapiede davanti alla casa, e il rumore del traffico sta già sopraffacendo e cancellando la Voce e i suoi echi.

Come sono uscito, e perché così presto? Ho certo sbagliato l’approccio. Quei miei quasi-sonno e quasi-sogno sulla sedia, mentre Lui era probabilmente già lì da un po’ (o da sempre?), Lo avranno spazientito. Avrà magari pensato: sta a vedere che adesso ricorre al frusto espediente letterario del dormiveglia per far scattare la Mia gaudiosa epifania. Ripaghiamolo con la stessa moneta, con una battuta da Popolo Eletto, se è questo che si aspetta da Me.

Forse Dio pretendeva che io mi buttassi subito a terra in adorazione, alla vecchia maniera, senza tante storie, lì in quella spoglia stanza, davanti a quella anonima scrivania? Sono deluso, francamente scontento, insoddisfatto.

Di fronte, c’è una gelateria. Destreggiandomi tra i veicoli, attraverso e ordino una coppa colma di cioccolato fondente, nocciola e yogurt. Compenso infinitamente imparagonabile alle mie attese di Supreme Delizie ma, tutto sommato, i miei tre gusti preferiti su questa terra.