Storie

Storie Brevi – Un bellissimo giallo
Oltre il quadrato

All’inaugurazione della mostra una donna bruna ed elegante si avvicina ad uno degli acquerelli esposti e lo guarda a lungo.

E’ metà dicembre, quando le gallerie contano sulle feste. Alcune allestiscono esposizioni eterogenee con quadri di autori diversi tratti dai loro magazzini o racimolati qua e là, altre invece puntano sul nome d’un artista prestigioso, presentato però con opere di prezzo contenuto, adatte per un regalo.

Così ha fatto la Pleiade, piccola galleria mandata avanti dalla vedova del proprietario, morto all’improvviso da pochi mesi lasciando pochi quadri, molte cartelle di stampe invendute e molti debiti.

La mostra riunisce recentissime carte acquerellate del pittore Dardi, messe a confronto con altre carte da lui dipinte trent’anni prima. Un’occasione rara e interessante, attesa dagli estimatori dell’artista ormai vecchio. E anche dalla gallerista, che spera di vendere finalmente qualcosa per coprire almeno le spese, chiudendo alla meno peggio il bilancio di un’annata drammatica, per la morte del marito e per le difficoltà crescenti del mercato artistico.

La vedova, per la verità, d’arte e di mercato se ne intende poco e s’è affidata per le mostre ad un amico del marito, il professor Specchi, che dopo aver gestito con merito ma scarso guadagno una galleria in anticipo sui tempi, ora fa un po’ l’insegnante e un po’ il critico.

La mostra non è di quelle che attirano le folle. Il pittore Dardi è un incallito e raffinato astrattista, non tanto facile da capire e da vendere. Le carte vecchie testimoniano la sua onorevole militanza nell’espressionismo astratto e nel collage informale. Poi è passato ad una maniera geometrica vivacemente colorata, nella quale l’artista ha trovato una propria cifra stilistica originale e una buona affermazione in una cerchia relativamente ristretta di amatori.

Invecchiando, Dardi s’è dato agli acquerelli, sui quali talvolta applica inserti di tessuti d’alta moda, tornando così, ma con idee aggiornate, al collage delle origini. Intenzionali sbavature e delicate gore di colore temperano abilmente il rigore delle forme geometriche e avvicinano in modo singolare le nuove opere alle vecchie.

Il professor Specchi ha colto le connessioni e, nello smilzo ma elegante catalogo che accompagna la mostra, ha tentato una ricostruzione del percorso sempre misterioso dell’artista. Il breve testo è piaciuto molto a Dardi e il critico l’ha arricchito di nuove intuizioni nel discorsetto, pronunciato con studiata semplicità, per presentare l’autore delle opere al piccolo pubblico degli invitati.

Nell’acquerello che la donna bruna sta guardando con tanto interesse si vede sul fondo bianco un quadrato grigio, al quale sono stati sovrapposti in parte un altro quadrato rosso e un terzo riquadro di bellissimo tessuto a maglie larghe, intrecciato di fili d’argento. La donna non cessa di scrutare il dipinto, dimentica della mostra e della gente.

Un uomo ben vestito, dalla faccia infantile e simpatica, le si accosta fino a toccarla.

Voglio comperare questo, dice lei sottovoce senza voltarsi, puoi chiedere tu quanto costa?

Te lo regalo io, si offre prontamente l’uomo.

No, scusa ma me lo voglio comperare da me, e la donna bruna si volge a guardarlo con un sorriso, per significare che la risposta non vuol’essere sgarbata ma solo decisa. Grazie, comunque.

Con un gesto di assenso l’uomo si guarda intorno cercando la gallerista, la vede e la raggiunge. Parla brevemente accennando all’acquerello e torna accanto alla donna: Costa milleduecento euro. Guarda che posso fartene avere da Dardi uno simile a metà prezzo.

No, voglio questo.

Ti piace tanto?

Sì, poi ti dirò perché.

L’uomo dalla faccia infantile e simpatica è il commercialista di Dardi. Non ricorda più da quanti anni lo assiste in fatto di tasse e di piccoli espedienti per fargli pagare senza troppi inganni il meno possibile.

Il pittore è per lui un cliente marginale ma di prestigio, ed è diventato col tempo semplicemente un amico, anziano e autorevole, che ripaga i suoi consigli tributari per lo più con quadri e disegni. Ne ha ormai la casa piena. Si è dovuto anzi disfare dell’antiquata mobilia ereditata dal padre per adeguare l’arredamento alla modernità delle opere. Tanto più che, attraverso Dardi, ha conosciuto altri artisti della stessa tendenza e le pareti dell’abitazione, e anche dello studio, attestano le sue frequentazioni.

Si è tanto abituato a vivere e a lavorare tra quelle immagini astratte, e a sentir discutere gli autori di quel loro mondo figurativo senza vere figure, che non sa più concepire nessun altro genere di pittura moderna.

In realtà, il commercialista non capisce niente di pittura, moderna o antica. Ha solo visto tanti quadri astratti ed è addestrato a riconoscerne l’autore alla prima occhiata, ma questo è tutto. Ripete i discorsi dei pittori con la stessa sicurezza, come fossero ragionamenti suoi. Però, messo alle strette, sarebbe incapace di giudicare la qualità di un’opera con parole proprie. Ma non è mai successo che qualcuno l’abbia messo alle strette.

La donna bruna è da un anno la sua amante. Mentre la corteggiava, l’aveva portata una sera nel suo appartamento e lei aveva visto per la prima volta i quadri di Dardi. Era rimasta per un po’ a guardarli in silenzio, senza provare alcuna emozione. Poi, forse per l’imbarazzo, le era uscita una battuta ironica su quella quantità di dipinti per lei incomprensibili, esposti come in un museo. Battuta subito dimenticata, perché la sera stessa era cominciata “una storia” con quell’uomo simpatico dalla faccia di ragazzino.

La vigilia dell’inaugurazione, il commercialista ha condotto l’amica in galleria e insieme hanno osservato il pittore e il professor Specchi appendere con calma gli acquerelli.

Guardandoli man mano che venivano collocati sulle pareti, la donna bruna aveva avvertito una sensazione nuova, come se stesse vedendo dentro le carte colorate e anche dentro di sé, mai come prima, più intensamente e più chiaramente. Si era soffermata a lungo a esaminare ogni dipinto e specialmente quello che il giorno dopo aveva deciso di acquistare.

Le luci diffuse della galleria, la presenza dell’artista famoso, le poche parole che il professore riservava ad ogni opera presa tra le mani cercandone la migliore disposizione, tutto le aveva dato la consapevolezza di essere testimone privilegiata, addirittura partecipe di un evento importante, quasi un rito di iniziazione.

Il commercialista non era sembrato accorgersene. Aveva assistito a molti allestimenti, aveva più d’una volta aiutato Dardi a sistemare i suoi dipinti, era intervenuto a mediare certe discussioni su prezzi, percentuali ed altro tra il pittore e qualche gallerista troppo furbo, contribuendo a pacificare gli animi prima dell’arrivo del pubblico. I quadri non li guardava quasi più: per lui, ormai, erano sempre la stessa gradevole solfa, di cui conosceva molto bene il valore monetario.

Finita la piccola festa d’apertura, mentre gli invitati si accomiatano con un ultimo complimento al pittore, la donna bruna, assistita dall’amico, si accorda con la gallerista, ottiene uno sconto: in settimana passerà a versare una caparra, riservandosi di saldare alla chiusura della mostra, al momento di ritirare il quadro. Sulla cornice dell’acquerello è applicato il rituale bollino rosso del “venduto”, l’unico per il momento.

Vanno in pochi alla solita cena in trattoria. Dardi vuole accanto a sé l’amica dell’amico, la bella signora bruna che ha gratificato il suo narcisismo d’artista acquistando una sua opera. Vuole anzi assolutamente sapere perché le è piaciuto quell’acquerello, e la donna si accinge emozionata a spiegarglielo, ma la soggezione le impedisce di trovare le parole.

E’ quel quadrato grigio in fondo che mi ha…mi ha emozionato moltissimo…ma tutti i quadri mi sono piaciuti subito…E’ stato come…

Lei ha capito tutto quel che c’è da capire, dice lapidario il pittore, che sa come trarre d’impaccio gli interlocutori inesperti, e specialmente le interlocutrici. E comincia a complimentarla dandole del tu, anzi a corteggiarla spiritosamente, mentre il commercialista, seduto di fronte a loro, sorride sicuro di sé.

Poi il discorso si perde in pettegolezzi sul mondo dell’arte, sugli ultimi avvenimenti politici e sugli scandali. Al dessert, affrontano una discussione sull’infinito, problema che interessa al momento il professor Specchi.

La donna bruna propone di finire la serata nel suo appartamento, dove Dardi potrà suggerirle la migliore sistemazione dell’acquerello, ma tutti devono alzarsi presto la mattina dopo. L’accompagnano fino al portone del palazzo in cui abita e si lasciano con grandi abbracci.

Ma la donna vuole raccontare le ragioni della sua scelta. Lo fa nella consueta telefonata notturna al commercialista appena rientrato (vivono ancora separati, ciascuno a casa propria, nonostante siano entrambi liberi) e il discorso le viene stavolta alle labbra senza incertezze o quasi, come se l’avesse sempre avuto in mente, solo con qualche pausa per cercare le parole giuste. Ne rimane stupita lei stessa. Guardando l’acquerello ha avuto un’illuminazione. Vi ha visto qualcosa della sua vita. Non tutto quello che conta, dice, sta in un quadrato pieno di colore rosso o in un ritaglio d’alta moda. La vera conoscenza è oltre, nel discreto quadrato grigio che sta sotto gli altri due e che sembra scivolare fuori dalle maglie lucenti del tessuto prezioso. Oltre la prepotenza presuntuosa del rosso, oltre la brillantezza della stoffa, c’è tutto un mondo da scoprire, il vero mondo. I tre quadrati dell’acquerello compongono un insieme che ha una sua coerenza e un significato, comprensibile soltanto a chi riesce a vedere oltre.  Anche lo spazio bianco attorno a quelle figure elementari acquista un senso, aiuta a capire.

Certe persone, dice ancora la donna accalorandosi nel telefono, credono che tutta la loro esistenza sia in uno spazio definito come un quadrato, al di là del quale non c’è niente. Ma il loro spazio non è definito, è solo limitato. La vita va oltre, è oltre il quadrato… Suo marito, aggiunge dopo una pausa (la donna bruna ha avuto un marito, questo è il succo del discorso), sta nel quadrato rosso del proprio spazio di presuntuoso egoista egocentrico o, addirittura, nel riquadro di stoffa lussuosa, e non si rende conto di quanta ricchezza sia possibile trovare fuori di sé, in un altro spazio meno appariscente, in un grigio, forse nel bianco stesso…

E’ una bellissima metafora, avresti dovuto parlarne a Dardi.

Ho cercato, ma non ci sono riuscita.

Fallo la prossima volta.

Sì, se mi lascerà parlare, conclude lei con una risatina. E la conversazione, dopo lo scambio dei baci di buona notte, si chiude lì.

L’uomo è abituato alle recriminazioni dell’amica nei confronti dell’ex marito. Ma stavolta è sorpreso di quelle idee espresse con tanta e inattesa acutezza. Mentre si infila nel letto, ne è in parte compiaciuto e in parte sconcertato. Spegne la luce.

La sera dopo, al ristorante, la donna bruna confida all’amico di aver parlato dell’acquisto dell’acquerello alla sua psicologa. E’ una bellissima decisione, era stato il commento dell’analista.

Come ti ho detto io, approva distrattamente l’uomo.

No, tu mi hai detto: è una bellissima metafora. Ma te la ricordi, la metafora, o no? Ti ricordi il discorso che ti ho fatto al telefono o te ne sei già dimenticato?

Certo che me lo ricordo, protesta il commercialista, bruscamente richiamato alla realtà. E intanto si sente invadere dal panico: non si ricorda più niente.

Allora, ripetimi che cosa ho detto.

E’ un esame e l’uomo, come a scuola, quando si presentava impreparato, comincia a improvvisare, simulando una tranquilla disinvoltura.

Ma la donna scuote la sua bella testa bruna.

E’ qualcosa che riguarda il marito, cerca di ricostruire il commercialista nella sua mente vuota. C’è sempre un riferimento al marito. E tira fuori un altro ragionamento arrampicato sugli specchi.

No, non va ancora bene. La donna delusa lo fissa in silenzio e scuote ancora la testa. Si sta rabbuiando.

Allora l’uomo tenta un’altra strada. Il discorso di quella telefonata, dice, era così perfetto, costruito così bene nella sua complessità, tanto acuto e “illuminato”, che lui ne è rimasto stupito, piacevolmente stupito. Non è facile rimetterlo assieme, adesso, sui due piedi.

Insomma, quando dico qualcosa, che ti sembra intelligente, qualcosa che va oltre il quadrato, tu ti stupisci. Bene, ho capito cosa pensi di me…

Oltre il quadrato: ecco la chiave!

L’uomo si sente a sua volta illuminato. L’amica, forse inconsciamente, gli ha suggerito lo spunto, l’input.

Sarebbe interessante penetrare in quest’attimo nella testa del commercialista, e osservare da vicino il processo mentale che vi si sta freneticamente attivando. Carovane di neurobiologi e di neuropsicologi cognitivisti pagherebbero interi budget dei loro istituti di ricerca per potersi inoltrare nella sterminata giungla neuronale di questo cervello in questo preciso momento, aprendosi faticosamente un varco tra arborizzazioni, diramazioni, recettori, sinapsi, circuiti, connessioni, mappe, mappe di mappe, inseguendo nell’ippocampo e nei vari distretti corticali miliardi di messaggi elettrochimici, sintesi di proteine e di glicoproteine, bibliche migrazioni di ioni che stanno galvanizzando il popolo delle cellule, sospingendole a ritrovare nei meandri cerebrali le tracce mnestiche di quella benedetta metafora, a ricostruirvi fulmineamente attorno le adeguate interazioni strutturali, le giuste categorizzazioni, le nuove mappe, mentre l’uomo seduto al tavolo del ristorante sta azionando i muscoli facciali in un tentativo di sorriso accattivante, per dar tempo ai concetti di formarglisi dentro e di fluire negli organi fonatori in fonemi, morfemi, parole, sintagmi, proposizioni principali e secondarie ordinate in frasi accettabili.

La donna bruna, mentre il commercialista finalmente parla e parla, pensa qualcosa che grosso modo equivale a dire: noi siamo quel che ricordiamo.

Pensa anche che quest’uomo dalla faccia infantile che si sforza di rassicurarla, è pur sempre meglio del marito. Almeno è simpatico e dolce, e desideroso di farle piacere. Meglio di niente.