Storie

Storie Brevi – Cosa so?
Mister Paganini

Qualche volta, sabato pomeriggio dopo l’adunata, ancora in divisa da avanguardisti, vanno a casa del Bruno, il compagno di scuola che ha i dischi di jazz, originali americani.

Nessuno dice: andiamo a sentire il jazz. In bicicletta, chiacchierando dell’ultimo film, della partita di domenica passata e di quella del giorno dopo, pedalano e vanno. E a un certo punto il Gigi, patito di swing e di Gorni Kramer, porta le mani alla bocca lasciando il manubrio e comincia a imitare, sempre pedalando, contrabbasso, tromba e batteria. Grande il Gigi. E così finiscono sotto casa di Bruno.

Lo chiamano fischiando dalla strada e il Bruno, appena tornato dalla sua adunata, si affaccia e dice: venite su.

Ha una bellissima casa, il Bruno, con veri quadri alle pareti, ritratti dei genitori, di lui vestito da pierrot, paesaggi, mele e arance sul vassoio.

Il salotto è speciale, una stanza enorme divisa in due da una tenda che scorre premendo un tasto. Da una parte c’è la sala da pranzo con un tavolone decorato a intarsi di frutta e fagiani con la coda lunghissima, e attorno tante sedie in pelle imbottita, credenze colme, dietro i vetri molati, di cristalleria, pile di piatti, tazze e tazzine. Nell’altra sala, un tappeto di pelliccia copre il pavimento, un divano occupa un’intera parete, e intorno poltrone grandi da perdersi, tutto in pelle gialla – il padre del Bruno è un grossista di pellami. In mezzo, un tavolino lungo e basso, e sopra due posacenere di vetro panciuto con le bolle, un levriero di porcellana e una scatola, sempre in pelle, piena di sigarette. Aprendola, un carillon suona il valzer del Danubio. In un angolo, un carrello a forma di barca con una quantità di liquori.

Al posto d’onore, in una specie di nicchia rivestita di mosaico dorato, sta il radiogrammofono di radica, grande come un armadio. Il Bruno spalanca uno sportello e compare tutta la sua collezione musicale. Ascoltano gli ultimi acquisti, che suo padre gli ha appena portato dalla Svizzera.

E poi, a grande richiesta, rimettono il disco Decca You’ll have to sing it, che tra loro chiamano semplicemente “Mister Paganini”. Il Gigi, che ha letto l’etichetta, ci ricorda che la musica è di Sam Coslon e l’orchestra di Chick Webb.

Dalla nicchia dorata sgorga una voce magica. Sentite Ella Fitzgerald, sentite lo swing, esclama subito il Gigi dondolandosi e muovendo su e giù le spalle.

Oh, Mister Paganini, please play my rapsody
and if you cannot play it, won’t you sing it
and if you can’t sing it, you simple have to
badi-budi-badi-budi-ba…
swing it, I say swing it
oh-oh-oh swing it…

Sentite Ella che velluto, sembra uno strumento. Inconfondibile. Che variazioni che facilità che delicatezza quando passa dagli acuti ai bassi. Sentite l’orchestra, che accordo perfetto sembra un suono unico. Fantastico!

Battendo il tempo con una mano o un piede, ascoltano quel suono, che anche agli altri ora pare unico, e la voce che modula la lingua ignota – soltanto il Gigi ne mastica un po’ –, attorno alla sola parola che capiscano, così ben storpiata: Paganini.

Lo risuonano due volte, fumando le sigarette prese dalla scatola, bevendo maraschino di Zara in bicchierini di cristallo.

Adesso vi faccio sentire la versione italiana, dice il Bruno, e mette sul piatto girevole un disco Fonit:

Maestro Paganini
suona ancor per me
quel motivo in do
che fa sognar…

Natalino Otto ha imparato in America a cantare così, spiega il Bruno. Chissà perché dice Maestro invece di Mister, che è più bello. E chissà perché non lo fanno più sentire alla radio.

L’orchestra di Kramer è buona, imita bene lo swing, il cantante ha una voce sottile, suadente, moderna, non gorgheggia, non fa svolazzi, padroneggia perfettamente il ritmo. E’ bravo. Ma i ragazzi sentono vagamente che tutto diventa nostrano, senza mistero.

Rimettono il disco di Ella, e in barba inconsapevole alle regole del Regime ‒ nessuno la chiamerebbe Fizgeralda, come nessuno chiama Dickens Dichenso, come forse vorrebbero a Roma ‒ s’abbandonano ancora, in silenzio, al fascino di quel mondo elegante, spiritoso, lontano, irraggiungibile.