Storie

Svarianze
Magnolie

Da qualche giorno penso e ripenso ogni mattina alle magnolie.

Penso, perché le guardo dalla finestra del balcone della mia cucina, che dà sulla piazza Vittorio Veneto di Lavagna, mentre procedo ai miei rituali quotidiani: due gocce di Carteol 2% negli occhi per controllare il glaucoma; una bustina (a giorni alterni) di Plantalax sciolto in un bicchier d’acqua per garantirmi una buona evacuazione; un flaconcino di Actimel per assicurare al mio intestino, alsolo0,1% digrassi, la persistenza di una sufficiente flora batterica (nonché rafforzare – secondo la pubblicità – le difese dell’organismo). Seguono le prime tre delle tante pillole della mia razione giornaliera di salute chimicamente assistita, e la tazza colma di latte di soia all’orzomalto intiepidito nel forno a microonde, con dentro una buona dose di fiocchi di granturco.

E intanto ripenso alle magnolie che avevo in giardino nella mia villetta natale di Verona.

Ma questo ripensare è cominciato solo qualche giorno fa, quando un improvviso flash mentale mi ha portato a collegare (non mi era mai venuto in mente), le magnolie d’antan a quelle di oggi.

A Verona le magnolie erano due, alte e fronzute, agli angoli del mio piccolo giardino. Ne vedevo specialmente una, la mattina appena alzato, dalla finestra della mia camera da letto, al primo piano.

E poi la rivedevo dalla porta della cucina, quando scendevo per la colazione. Nella stagione giusta  mi apparivano, tra le dure lucide foglie verdebrune, le coppe dei grandi profumati fiori con  quei sensuali petali bianco crema.

Quando, morto mio padre, la villetta fu demolita per lasciar posto a una casa d’appartamenti che consentisse alla mamma una piccola rendita di affitti, anche le magnolie furono abbattute. Pregai di ricavare dal tronco un cubo di legno da conservare a ricordo, la mamma lo teneva come soprammobile. Ma quando mancò anche lei, io abitavo ormai in un’altra città, lontano da Verona, e avevo in mente altre cose. Così il cubo andò perduto, uno dei miei tanti rimpianti.

Ora sono tornato ogni giorno, da vecchio, a guardare le magnolie come quand’ero bambino. Sulla piazza di Lavagna, bella grande, le magnolie non sono più due, ma sei. Mi sembra siano della stessa specie di quelle di Verona, intravedo tra le foglie gli stessi fiori a coppa bianco crema.

E’ certamente un cerchio, che si va chiudendo. Non mi pare un segno di malaugurio. L’idea, anzi, non mi dispiace. L’importante è che il cerchio si chiuda bene.