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Altalena-Piramide

Le oscillazioni di una forma

Sarà vero che l’altalena si presta bene a rappresentare l’irrazionale e la piramide la razionalità? E che in un sistema altalena-piramide col quale io ho per qualche tempo trafficato, possono pertanto convivere oscillando componenti razionali e irrazionali?

Sono domande alle quali mi preme di avere una risposta. Magari approssimativa e interlocutoria, nel caso sia troppo difficile sapere sui due piedi come stiano effettivamente le cose.

Per potermi orientare un po’ in merito, riordino e completo qui certi miei vecchissimi appunti formichevolmente conservati.

L’altalena

Se si guarda la famosa acquaforte-acquatinta della serie Primo Intermezzo, che Max Klinger incise attorno al 1880, sembrerebbe che la risposta alla prima parte della prima domanda sia sì. La ragazza che si dondola seminuda sull’altalena e affronta, chioma al vento, i brividi delle oscillazioni, non è certo un modello apollineo. L’irrazionale sembra qui dominare la scena. Non per nulla l’autore dell’immagine è generalmente posto alle origini delle vicende irrazionalistiche dell’avanguardia novecentesca.

Citata nella Interpretazione dei sogni in margine al capitolo dei “sogni tipici”, l’altalena, primo giocattolo-droga del bambino, può stare appunto per sogno, volo, fuga dalla realtà, estasi e angoscia.

Nel suo oscillare, l’altalena tocca ancora in noi ciò che un tempo usavamo chiamare i precordi.

Se dico che, bambino, andavo matto per le altalene, credo che nessuno potrebbe smentirmi. Anche perché la gran parte dei testimoni (peraltro notoriamente inattendibili), è trapassata e i pochi superstiti sono svaniti o comunque immemori. In realtà ho presenti solo alcuni miei rari, cauti voli su certe seggioline tenute da precarie catenelle nella piscina grande della mia città natale. Quando, sospinto da subdole mani amiche, ero proiettato troppo in alto, accadeva che nella fase di ritorno dell’oscillazione provassi non tanto un brivido, quanto un moto di nausea. Ricordo che una volta, sceso a terra, vomitai. L’altalena non si adatta evidentemente ai deboli di stomaco (e nemmeno l’irrazionalità, forse).

L’altalena può stare anche per pendolo, un pendolo semplice che segue una traiettoria circolare e che, secondo non poche scuole di pensiero, è una delle innumerevoli testimonianze della razionalità dell’universo. Ed è anche uno tra i primi fenomeni fisici cui Galileo abbia applicato la ragione dell’indagine sperimentale.

Tornando alla ragazza altalenante di Klinger, il fatto che non si vedano i punti di sospensione delle corde, posti in qualche luogo fuori dell’immagine, potrebbe accentuare l’irrazionalità della situazione. Ma a ricondurre la cosa nel campo della ragione basterebbe l’intervento di qualcuno pratico di calcolo e di geometria, il quale non avrebbe difficoltà a individuare esattamente l’arco di circonferenza relativo al moto dell’altalena, il raggio e il diametro del cerchio corrispondente, e quindi il punto di sospensione, la lunghezza esatta delle corde e l’ampiezza potenziale dell’oscillazione.

Un po’ di confusione nel calcolo del moto dell’altalena-pendolo potrebbe essere causato dall’accelerazione conseguente alle spinte che la ragazza sembra intenzionata ad esercitare sul sistema, allo scopo di prolungare il divertimento del dondolio. Le oscillazioni non obbedirebbero più, in tal caso, alle leggi dell’isocronismo formulate da Galilei e non sarebbero più costanti. E questo contribuirebbe a mantenere la situazione nella sfera dell’irrazionale. Solo, peraltro, per il tempo in cui la ragazza spinge. Non appena si stanca, tutto torna all’isocronismo, e alla razionalità.

Mi domando: si potrebbe allora dire che l’altalena di Klinger rappresenta un tipo di irrazionalità controllata che tende alla razionalità (e che dovrebbe piacere agli intellettuali, sempre in cerca di complicazioni)? Bah.

La piramide

Sul sedile delle mie altalene c’è sempre una piramide, oggetto considerato generalmente simbolo di razionalità. Tanto più se alla piramide si dà, come ho cercato approssimativamente di dargli io, la forma e le proporzioni della cosiddetta piramide di Erodoto.

Ne sentii parlare per la prima volta verso la metà degli anni ’70 del secolo scorso, leggendo uno di quelli impagabili articoli di Martin Gardner nell’edizione italiana della rivista Scientific American, mia unica chiave di accesso alla “seconda cultura”. Ne fui deliziato perché io, che in matematica sono una frana, avevo già scelto senza saperlo di collocare sulle mie prime altalene una forma piramidale simile a quella descritta nell’articolo.

Gardner prendeva spunto, al solito amenamente, da una di quelle riviste di occultismo che pullulano negli Stati Uniti, dove si esaltavano le miracolose proprietà terapeutiche, e non solo, della Piramide di Cheope, detentrice di poteri psi-org-energetici che si trasmettevano anche ai modellini in scala, acquistabili per la modica cifra di $ 5.

Il giocoso matematico americano si dilungava a descrivere numericamente le caratteristiche della piramide di Cheope. “Erodoto – scriveva Gardner – fu il primo a fare l’ipotesi che l’area di ogni faccia della Grande Piramide fosse uguale al quadrato dell’altezza della medesima”. Oggi quella piramide ha un aspetto talmente irregolare che non si può essere sicuri delle affermazioni del primo storico della storia. Ma da una serie di semplici calcoli, nei quali già mi perdo, risulterebbe che l’altezza di ogni faccia triangolare, detta “apotema”, e l’altezza stessa della piramide siano ( o fossero) in rapporto aureo (detto fi) con la base (o forse con la sua metà, non capivo bene). Questo ed altre proprietà quantitative sorprendenti facevano sì che il grande oggetto venisse considerato “la piramide perfetta”. E io mi compiacevo di aver ripercorso, grazie a Gardner, le tracce del più famoso e curioso viaggiatore dell’antichità.

Le persone che inciampano in una radice quadrata e anche prima, sono spesso le più  pronte ad prendere per oro colato ogni segnale misterico, esoterico, numerologico, ogni sentore d’occulto. Sembra siano le più adatte a credere che la piramide sia di per sé un oggetto “inquietante”. Per me, che pure annaspo tra i numeri, ma con scetticismo, la piramide di Cheope e anche le altre che ho visto in Egitto, erano soprattutto difficili da scalare lungo erti e pericolosi sentieri, al termine dei quali ci si infilava senza più fiato, pagando un tot, in un pertugio polveroso.

Però l’aggettivo “inquietante”, caro anche al Pictor Optimus De Chirico, mi suona bene per descrivere una situazione. Dal che si può dedurre che, a parere del sottoscritto, anche nella piramide, come nell’altalena, razionale e irrazionale giocano a rincorrersi.

Noterò, in più, che sulle mie altalene le piramidi sono sempre collocate in posizione non baricentrica, decentrata rispetto alla mezzeria del sedile. E questo allo scopo ben determinato, lo giuro, di dare a chi guarda la sensazione di uno squilibrio di forze, dovuto ad una oscillazione che si suppone sbilanciata.

Credo di aver scelto questa soluzione, fra tante considerate e scartate all’inizio, per cercar di inserire in un contesto molto dinamico (l’oscillare regolare e armonico di un’altalena), un elemento di contrasto, un fattore (se non di sorpresa) di incertezza, rappresentato però da un oggetto, la piramide, che solitamente significa stabilità, una stabilità “eterna”. Qui, invece, esso oggetto dava (o pareva a me che potesse dare), una sensazione conflittuale di insicurezza, di precarietà. Tanto più che la piramide sembrava rischiare di essere sbalzata facilmente via, caprioleggiando in un campo vettoriale di ben tre forze: centrifuga, oscillatoria e di gravità. Mentre l’altalena stessa, sottoposta a sforzi e tensioni disordinate, minacciava di sfasciarsi, di andare in pezzi.

Avevo difatti schizzato alcune di queste situazioni finali, divisando di utilizzarle prima o poi, quando fosse venuto il momento di concludere il tormentone delle altalene. Conclusione rimandata scaramanticamente (vedi l’irrazionale che rispunta!) sino a poco fa, quando ho cominciato:

  1. a fabbricare un quadretto da regalare a mia nipote Lauretta, come pendant a una vecchia altalena su una parete del suo salotto;
  2. a riordinare in un testo passabile vari appunti scribacchiati vari decenni fa.

Dunque: l’altalena dell’irrazionale e della più razionale delle scienze nuove oscilla portando avanti e indietro nelle sue galileiane reciprocazioni la razionalità geometrica e l’occulto fascino archetipico della piramide.

E i moti immaginabili dell’una interferiscono con quelli inesplicabili dell’altra, generando (forse) cicloidali complicazioni d’ogni sorta. Ciò anche allo scopo di intrigare menti disposte ad essere intrigate.

Concluderò con una confessione, un sospetto e un’avvertenza.

Confesso che non mi è mai passato nemmeno per l’anticamera del cervello che queste altalene potessero essere considerate “metafore di una condizione umana”. E non credo proprio che in qualcuno, anche disturbato di testa, possa nascere un’idea del genere guardando (se mai guarderà), queste figure.

Sospetto che le immagini raggruppate sotto l’impegnativo titolo Le oscillazioni di una forma

siano nate soltanto come semplici contrapposizioni di forme e di colori piacevoli al facitore e (sperabilmente) ai potenziali riguardanti.

Avverto che buona parte delle considerazioni qui esposte sono state formulate a posteriori, a quadri fatti, e ulteriormente aggiustate molti anni dopo. E che ogni significato aggiunto deve intendersi come puramente casuale, addebitabile esclusivamente a chi ha guardato.

Vola l’altalena infinita
pendolo d’estasi e d’angoscia
stimolo al sogno, astratta forma
d’ogni possibile, esquisita
evidenza matematica.
E vola con essa, sbilanciata
l’eterna piramide fi
archetipo di ragione oscura
ambiguo segno di chiarezza.

Sorride il pittore mescolando
consueti e insoliti ingredienti:
segni e colori, ovviamente
con ragioni e sragioni
citazioni di citazioni
eleganti dimostrazioni
numeri occulti, massimi sistemi
rapporti aurei e plumbei
e toccamenti di contrari.

Il tutto per turbare la festa
senza pagare pegno
e stimolare varie inquietudini
a scopo puramente benefico.

(i versi sono del 6/11/1984, con qualche ritocco)