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Svarianze
Madama Natura, che mai falla?

The flowers de luce and the round sparks of dew
That hung upon their azure leaves…

Potrà accadere che Madama Natura, sfiorata delicatamente al risveglio da Aurora ogni mattina con dita sempre più magre e sempre più arrossate da emissioni, immissioni e altri innumerabili disturbi antropici più o meno acidi; potrà accadere, ci si chiedeva, che Madama Natura se n’esca a passeggio o a fare la spesa con scarpe spaiate, borsette stonate, foulard inadatti all’abito, o con l’abito stesso inadeguato all’ora del passeggio, o della spesa, o al tempo che fa?

Si afferma da molti che Madama Natura non sbaglia mai, è sempre impeccabile, è dotata di un gusto che si potrebbe benissimo, volendo, definire innato. E che, se non la si sforza, se la si lascia fare, se non le s’impongono malpensate umane

mai non falla Natura neanche un colpo.

C’è chi sostiene addirittura che, anche con scarpe spaiate, borsette stonate eccetera, la nostra Madama sarebbe sempre a posto, come le donne di classe delle Illusioni perdute, ammirate da Balzac: «Si mettono il cappello come vogliono e hanno sempre l’aria giusta».

Lo confermerebbero i verdi dei prati, le esposizioni dei fiori nei prati, i cataloghi e i campionari dei verdazzurri nel folto dei boschi, degli azzurroverdi che mari e laghi instancabilmente accostano e variano secondo le circostanze, o delle nuances di violazzurri nelle sequenze dei colli.

«Ti meraviglierai molto ‒ scriveva più di centocinquant’anni fa un eminente intellettuale vittoriano ‒ nell’osservare…con quali minime differenze di tinta, attraverso passaggi infinitamente delicati, la natura sa esprimere la forma».

Ogni tono (mai uno nel punto che non gli competa), sembrerebbe davvero sfumato in perfetta gradazione rispetto alla distanza dal riguardante.

E così anche nelle infinite cartoline dei tramonti e delle nuvole, dei colori mutevoli delle montagne all’alba, a mezzogiorno e a fine giornata.

E, la notte, le stelle con la Luna.

E in ciascheduna delle pozzanghere, con tanto di riflessi, di case, di alberi e ancora di Luna.

Tutti gli accadimenti, le eventualità che quotidianamente si avvicendano sarebbero sempre e ovunque sotto assoluto controllo della Gran Signora: la giornata radiosa, la pioggerella che fa uggiosi certi pomeriggi di città o di villaggio, o il vento che dispone la sabbia in fantasiosi disegni in qualche deserto.

Sarebbe dunque in errore quella poetessa un po’ scettica ‒ e anche per questo amata e ammirata da molti ‒, secondo la quale Madama Natura non vedrebbe la bella vista sul lago che tutti vedono, e quindi resterebbe indifferente anche al cospetto di quel famoso lembo di muro giallo dietro le torrette della porta di Delft, e le sfuggirebbero le gamme di toni verdi-ocra della Montagna Saincte-Victoire.

Falso, dicono i sostenitori di Madama. Sarebbe stata lei stessa a suggerire ai grandi artisti innovatori di guardare i paesaggi (all’epoca in cui i paesaggi erano ancora argomento di pittura), con occhi vergini, e di riempirli di colori mai prima visti. «È la voce della Natura che ovunque ci parla con chiarezza attraverso quel che noi vediamo…»,gorgheggiava il soprano, accompagnato dall’oboe e dal basso continuo, in quella folgorante aria barocca.

E a questo punto converrà compiacersi della citazione colta, e in inglese, appiccicata  in esergo. Per chi non lo sapesse, vuol dire: «i fiordalisi e i globi scintillanti della rugiada / penduli sui loro petali azzurri…». Versi di Giles Fletcher il Vecchio, poeta elisabettiano ispiratore di Milton (assolutamente sconosciuto a chi l’ha qui infilato, prima di averlo visto citato da Edgar Allan Poe in epigrafe a Il dominio di Arnheim).

La maestria di Madama Natura si mostrerebbe al meglio nelle situazioni estreme, quando non è più in questione semplicemente la perizia di aggiustare la scena con gusto, in modo da suscitare sensazioni di serenità, di allegrezza, di speranza, o di malinconia e tristezza.

Indiscussa sarebbe la bravura con cui Ella va allestendo certi luoghi del mondo, così da renderli totalmente (ma temporaneamente) «brutti»: terre desolate, scoscendimenti, botri, precipizi vertiginosi, orride voragini, luoghi che i viaggiatori giudicano «invivibili» e «maledetti da Dio», atti a suscitare brivido e orrore nella gente da poco, ma pensieri sublimi nelle persone acculturate.

A proposito di sublimità, che dire della perizia di Madame nella regia dei sempre più frequenti disastri naturali, quando (per usare le parole immaginose di uno specialista in tifoni), sembra che nel mondo si stia frantumando una fiala di collera?

Verrebbe da pensare che nulla, anche in tali contingenze al limite, sia affidato al Caso. In realtà, c’è chi insinua che Madama Natura stessa assegni talvolta volentieri la parte di comprimario o addirittura di protagonista proprio al Caso, contando su tutte le ben note capacità di costui nel fare e nel disfare.

Occorre stare attenti, col Caso. Perché, se si dà tempo al tempo, è noto che esso diventa Probabilità, e tutto finisce per farsi.

Ma, poi, che cosa si sa, in fondo, del Caso? Ogni volta che non si riesce a trovare una spiegazione qualsiasi di un evento, si finisce per dire: «è stato un caso».

Però, attenzione. L’elenco, un tempo lunghissimo, dei fatti che si credevano legati al Caso si va accorciando. E si sta scoprendo che molti fatti creduti casuali hanno invece una, o tante ben individuabili cause, in un’infinità di intricate connessioni. Quelle che i legulei e gli altri sapientoni chiamano pomposamente nessi causali.

Tutto per il semplice spostamento di due lettere – casuali, causali –, per uno stupido anagramma, roba da settimanale d’enigmistica.

Sarà per uno di codesti nessi che Madama Natura sembra non uscire mai con le scarpe spaiate o con il foulard sbagliato?

Toccherà forse ammettere che, risalendo il tortuoso percorso delle relazioni, da causa a effetto e di nuovo a causa, tutto apparirà calcolato in partenza? E, alla fine della fiera, ci sarà soltanto una precisa, precisissima, necessaria Necessità?

Qui il discorso si complica. Si veda, per esempio, la cosiddetta proporzione aurea. Come assicura qualche entusiasta, essa impererebbe ovunque, nel regno vegetale e animale, in quello dei cristalli, persino nelle galassie.

Mica vero. Raramente ricorrerebbe esatto, nel suo farsi, quel famoso numero aureo 1,6…seguito da un’infinità di cifre (esso stesso, quindi, costituzionalmente indeterminato). Nel quale, si arriva a dire, starebbe il segreto geometrico della Bellezza.

Se si va a controllare bene, si scopre che in effetti i numeri della realtà non coincidono mai con quelli aurei, ma gli si avvicinano soltanto, essendo allora per ben due volte approssimati. Saremmo dunque sempre nel campo del circa, del pressappoco,avverbi che la geometria aborre, ma che non dispiacerebbero a Madama Natura.

La quale tenderebbe sì alla precisione geometrica, ma senza mai preoccuparsi di raggiungerla perfettamente, improvvisando volta per volta e non abbandonandosi mai a crisi di nevrosi isterica se non ce la fa.

Un modo di procedere che non coincide assolutamente ‒ assicurano gli esperti ‒ con l’esattezza geometrica. Le dame di Balzac non facevano calcoli e non usavano squadra e compasso nel mettersi il cappello, e tuttavia non sbagliavano mai. Avevano quello che si usa chiamare tocco originale.

Chi, del resto, ha stabilito che la geometria sia il centro dell’universo? La geometria è una delle tante invenzioni umane, probabilmente suggerita all’uomo (e alla donna) da Madama Natura stessa quando consegnò alla coppia il libretto di istruzioni per l’uso. Astrazione bellissima e utilissima, la geometria, finché resta al suo posto e non degenera ‒ in virtù o per colpa dell’intervento umano ‒ in «rettangolismi funzionali» e altre stramberie.

Per favore, si lascino dunque da parte il Caso e la geometria, che finiscono sempre per confondere la conversazione.

Tendere alla perfezione (qualcuno ha detto: all’idiozia della perfezione), ma senza far drammi, solo per quel tanto che serva ad andarle vicino senza conseguirla, sarebbe il segreto dell’originalità del tocco. Anche in questo gli esseri umani imiterebbero Madama Natura.

E ‒ andando più oltre ‒, essi si darebbero come lei delle leggi, solo per poterle poi trasgredire. Molti ricavandone vantaggi di potere e di ricchezza, ma alcuni ottenendone gloria e premi Nobel, e magari inventando nuove leggi, pronte per future trasgressioni.

Approssimarsi, e sul più bello cambiare scacco, svicolare. Questo sarebbe il massimo della fin troppo esaltata creatività.

Madama Natura «produce somiglianze», si dice. Moltissimi sono in verità gli esempi curiosi, bizzarri, divertenti d’imitazioni che si trovano in questo nostro mondo: Posti in atto da piante,  animali, persino da cose inanimate e, come si ricordava poco fa, dal genere umano.

Figlio anch’esso, allora, di Madama, vista la somiglianza,? La cosa non è così certa. come suole dichiarare il detto latino a proposito dei padri. Il fatto che uomini (e donne) amino imitare la Signora, non vuol necessariamente dire che Ella ne sia madre. Semmai sorella, una sorella maggiore (si sa che i minori tendono a imitare i maggiori e si sa anche che, mancando una madre, una sorella funziona da matrigna). Madama Natura si occuperebbe del Mondo solo per delega di un’Amministrazione creatrice troppo impegnata nella gestione del Tutto. Si arriva però a ipotizzare in certi ambienti che l’Ente in parola avrebbe preteso di riservarsi direttamente la cura dell’umanità. Con qualche inconveniente, dovuto alla difficoltà di chi, avendo troppo da fare, non trova il tempo per seguire i dettagli.

L’Amministrazione si occuperebbe, in sostanza, solo di prendere in forza uomini (e donne) quando nascono e, dopo un po’, di eliminarli. Indifferente (come ogni amministrazione), al singolo, al caso particolare, lascerebbe che uomini (e donne), fin che ci sono, se la sbrighino da loro e tra loro. In bene se progettano, fabbricano, erigono, utilizzano, consumano; in male se sfruttano, distruggono, ammazzano.

Cosa resta da fare, a Madama Natura? Se il guaio è fatto, al massimo essa può solo metterci una pezza. Se le si dà tempo, se non le si fa fretta, essa ripara, aggiusta, ricompone tutto al meglio, rimette ogni cosa, ogni colore, ogni tono al suo posto, rifà naturale ogni artificio, riporta il cosiddetto «brutto» al cosiddetto «bello».

E se non ce la fa a cancellare subito certe tracce troppo ingombranti, le copre, le nasconde nell’ampio grembo mescolandole con cose ben riuscite che gli umani, non valutandole nel loro giusto valore, hanno buttato via o di cui, col passare del tempo, si sono scordati. Tanto, Madama Natura sa che, di lì a qualche secolo o millennio, ci saranno sempre indagatori che le ritroveranno, si scervelleranno per separare le cose brutte da quelle belle e ne faranno oggetto di ingegnose ricostruzioni e ipotesi, che aiuteranno a immaginare com’era (veramente?) il passato e a trascorrere in modo piacevole i fine settimana.

E quando, sperabilmente tra moltissimi milioni di anni, l’uomo (e la donna) non ci fossero più (cancellati da chi? Da Qualcuno stanco dei nostri errori, e sostituiti forse in via provvisoria con un tipo unisex? Lasciamo perdere); quando, si diceva, la cosa dovesse succedere, si può esser certi che la nostra Madama seguiterà assiduamente, sempre con perizia e gusto, il suo lavoro di modellazione, ripristino e restyling. Proseguendolo anche quando non dovessero più esistere esseri animati «spirituali», capaci di apprezzare tramonti e sfumature di toni.

Tutto sommato, arrivando al succo del discorso, valutando bene tutti i dati disponibili e tenendo conto dei pro e dei contro, dei millimetri e decimali in più o in meno, effettivamente non si può negare che, se le di dà abbastanza tempo

mai non falla Natura neanche un colpo.

Non si dica, però, che Madama Natura non sbaglia perché non può sbagliare, grazie a un quid che non deriverebbe dal possesso di un gusto innato, ma da qualcos’altro. Per esempio da un cervello: un cervellone grossissimo e intelligentissimo, col quale essa riuscirebbe a tener presenti tutte le possibilità, a valutare tutte le eventualità, e nella microfrazione di un attimo o nel giro di qualche milione o miliardo di anni, a trovare volta per volta la soluzione esatta, vera, e a vedere che cosa occorre assolutamente fare e, inevitabilmente, a farlo. Anzi, scoprirebbe ogni volta di saperlo fare ancor prima che il supposto cervellone le avesse fornito la risposta! Ma andiamo, è meglio che non ci si perda dietro queste fantasticherie!

E che non lo si dica, per favore, a nessuno (soprattutto a Madama Natura, che tutto questo, di sicuro, non lo sa e non lo vuol sapere, e proprio per questo ‒ ancor più sicuramente ‒, tira avanti abbastanza bene).