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L’uovo e la gallina

Se ci sia stato prima l’uovo o la gallina non si saprà mai e vi dirò perché.

Dovete sapere che una volta una gallina andò nel bosco in cerca di lombrichi.

Cammina cammina, arrivò in una radura.

Proprio nel centro c’era un uovo enorme, grande come una casa e mezza.

“Strano, guarda che uovo enorme”, pensò la gallina, “sembra grande come una casa e mezza”.

Incuriosita, la gallina girò tutt’intorno all’uovo, per veder se era veramente un uovo o se non si trattasse invece di una casa strana, che so, di quelle che costruiscono le fate.

Perché le fate possono fare le case e anche le mezze case.

Ma siccome la gallina non vide né porte né finestre, si convinse che quello era un uovo vero e rimase a becco aperto dallo stupore.

Chi poteva aver fatto un uovo tanto grande? Ci doveva essere qualche trucco.

“Strano”, pensò infatti la gallina, “ci dev’essere qualche trucco”.

Decisa a scoprirlo, diede una bella beccata all’uovo, che risuonò come una botte vuota.

“Strano”, pensò infatti la gallina, “sembra una botte vuota”.

Ma l’uovo non era una botte vuota, perché dall’interno venne un pigolio fioco fioco, come di un pulcino che fosse allo stremo delle forze e chiamasse con gli ultimi due respiri: “Aiuto! Aiuto!”.

“Strano”, pensò infatti la gallina, “sembra il pigolio di un pulcino che chiami aiuto”.

E diede un’altra gran beccata al guscio, che cominciò a incrinarsi.

Alla terza beccata, più forte delle prime due, nel guscio si aprì un forellino.

E la gallina poté sbirciare dentro con un occhio.

Dentro, c’era un lago di chiara d’uovo in mezzo al quale galleggiava un tuorlo.

E sul tuorlo stava seduto un pulcino piccino piccino, magro e spennacchiato, che sembrava mezzo morto di fame.

“Strano, sembra un pulcino mezzo morto di fame”, pensò infatti la gallina.

E siccome era una chioccia di gran buon cuore, gridò al piccino:

“Ehi, laggiù, coraggio che arrivo”.

Diede altri colpi decisi di becco al guscio e riuscì a infilare la testa nel foro.

“Cosa fai laggiù su quel tuorlo?”, chiese la gallina al pulcino.

“Non mi dire che questo è un tuorlo!”, esclamò il pulcino rianimandosi di colpo, “E io che non sapevo cosa mangiare, qui dentro! Possibile che nessuno si sia preoccupato di lasciarmi delle istruzioni?”.

Un po’ per l’emozione e il disappunto, un po’ per la debolezza e un po’ anche per la frase troppo lunga che aveva pronunciato, al pulcino vennero meno le forze, così che svenne e scivolò giù dal tuorlo nella chiara, a rischio di annegare.

“Sta a vedere che rischia di annegare”, pensò infatti la gallina e, per evitare il peggio, cominciò a spezzare in fretta il guscio e a bere gran sorsate di chiara.

Glu glu glu, bevi e bevi, nell’ansia di far presto la gallina mando giù anche il tuorlo e trangugiò anche tutti i pezzi di guscio.

Poi afferrò col becco il pulcino e lo depositò tutto bagnato sul prato della radura, salvo ma più affamato che mai.

“Ridammi il mio tuorlo, stupida bestiaccia!”, avrebbe voluto gridare il pulcino alla sua salvatrice, senza pensare che le doveva la vita, ma restò di sasso: a forza di bere chiara, tuorlo e guscio, la gallina era diventata tonda tonda e s’era trasformata in un uovo, bianco e grande come due case e mezza!

“E adesso cosa mangio?”.

Se ne avesse avuto la forza, il pulcino sarebbe scoppiato per la rabbia.

Ma proprio in quel momento arrivò schiamazzando nella radura, con cani, cavalli e scudieri, una brigata di nobili cacciatori, i quali, visto quel bell’uovo così grande, subito lo ruppero, ne fecero una frittatona e se la mangiarono allegramente, senza tanto pensarci su.

Anzi, per un pelo, non schiacciarono con le loro scarpacce chiodate anche il pulcino, che riuscì terrorizzato a fuggire appena in tempo nella boscaglia.

Fu così che:

mangiato l’uovo,
sparita la gallina,
fuggito il pulcino,

nessuno poté mai a sapere se ci fosse stato prima l’uovo o la gallina.
Voi, che ne pensate?