Storie

Favole
Paolino e Paolone e i loro cani Cagnino e Cagnone

C’erano una volta due fratelli gemelli che si chiamavano Paolino e Paolone e si assomigliavano come due gocce d’acqua.

Erano tutti e due biondi uguali, avevano tutti e due gli stessi occhi azzurri, la stessa carnagione rosea, lo stesso naso a punta e, sulla punta, la stessa voglia di pistacchio dello stesso colore verde tenero.

Era proprio quella voglia di pistacchio l’unico segno grazie al quale si potevano distinguere Paolino e Paolone.

Ma com’era possibile distinguerli dalla voglia di pistacchio, se ce l’avevano tutti e due?

Il fatto è che la voglia di pistacchio sul naso di Paolino era piccolissima, tanto che per vederla ci voleva una grossa lente, mentre la voglia di pistacchio sul naso di Paolone era grandissima, enorme, tanto che la gente la scambiava per un prato e qualche volta nelle belle giornate ci si sdraiava a prendere il sole e a fare la merenda.

Però si fa fatica a pensare che Paolino e Paolone fossero uguali con due voglie così diverse.

Certo che erano uguali. Se guardavi Paolino con la lente vedevi che era assolutamente identico a Paolone, ma in piccolo. Perché Paolino era così piccolo, ma così piccolo, che avrebbe potuto stare comodamente sdraiato su un filo d’erba, e sembrava uno gnomo (e forse lo era veramente). E quindi anche la sua voglia di pistacchio era piccolissima.

Paolone, invece, era così grande, ma così grande, che nessuna casa lo poteva contenere, e sembrava un gigante (e forse lo era veramente). E quindi la sua voglia di pistacchio era grandissima, anzi gigantesca.

Paolone, a causa della sua grandezza, doveva giocare, mangiare e dormire sempre all’aperto.

Per fortuna, nel paese di Paolino e Paolone non pioveva e non nevicava mai. Splendeva sempre il sole ma non faceva mai tanto caldo e, di notte, neppure freddo. E Paolone si poteva fare ogni giorno una bella doccia tiepida in giardino.

Paolino, invece, a causa della sua piccolezza, doveva stare molto attento quando giocava all’aperto, perché c’era sempre il pericolo che si perdesse nell’erba dei prati o che qualche formica se lo portasse via. E se stava al chiuso rischiava di finire in qualche fessura del pavimento.

Ma, per Paolino, chiuso eaperto erano parole senza senso. Una tasca di Paolone gli sembrava una caverna spaventosa, e il naso del fratello una montagna altissima.

Paolone stava molto attento al fratellino, che non gli capitasse qualche guaio. E aveva sempre pronta una lente per seguirlo nei suoi giochi.

Paolino e Paolone non si separavano mai, tanto era il bene che si volevano. Dove c’era Paolino c’era sempre anche Paolone, sdraiato nel giardino, con la testa appoggiata alla chioma di un albero. E dove trovavate Paolone, potevate star sicuri di trovare anche Paolino, se riuscivate a vederlo, mentre scorrazzava in bicicletta su un’unghia di Paolone.

I genitori di Paolino e Paolone pensarono di regalare ai loro cari bambini due cani, che giocassero con loro e li proteggessero da tutti i pericoli.

Che gioia, per Paolino e Paolone, l’arrivo dei nuovi amici!

Avevano il pelo dello stesso colore nocciola, la stessa macchia bianca su un orecchio, lo stesso ciuffetto sulla coda: si vedeva subito che erano gemelli, nati dalla stessa cucciolata. Li chiamarono Cagnino e Cagnone.

Cagnino era così piccolo, ma così piccolo, che quando abbaiava la gente credeva che un grillo stesse cantando. Cagnone invece era così grande, ma così grande, che quando abbaiava la gente, dimenticandosi che in quel paese non pioveva mai, si chiedeva: “Non starà per scoppiare un temporale?”.

Tutti pensavano che Paolone avrebbe preferito Cagnone, e Cagnino Paolino. Macché. L’enorme Cagnone si affezionò al minuscolo Paolino e il microbo Cagnino al gigantesco Paolone.

Avreste dovuto vederli giocare!

Paolino si arrampicava come una pulce fino all’orecchio di Cagnone e ci si nascondeva dentro. E di là gli dava ordini.

“Abbaia!”, gli diceva. E Cagnone abbaiava. “Corri!”, e Cagnone correva.  “Fermati!”, e Cagnone si arrestava immediatamente.

La gente, che non vedeva Paolino nascosto nell’orecchio, diceva: “Che cane intelligente e bene ammaestrato!”. E Cagnone si sentiva molto importante.

Cagnino, a sua volta, si nascondeva nell’orecchio di Paolone e gli abbaiava sul timpano. Paolone faceva finta di spaventarsi e gridava: “Aiuto! Mi è entrato un elefante nell’orecchio!”. E Cagnino si sentiva anche lui molto importante.

Insomma, erano tutti e quattro felici e contenti.

E la gente, guardandoli giocare, diceva: “Come si vogliono bene, quei bambini e quei cani. Sono proprio fatti l’uno per l’altro, Paolino e Cagnone, Paolone e Cagnino!”.